domenica 17 novembre 2019

COME IMPARARE A VEDERE


Tutti credono che disegnare dipenda da una qualche abilità della mano. In realtà saper disegnare dipende dalla capacità di saper vedere.


Scrive Jerome Bruner: «C’è qualcosa di bizzarro nel processo creativo per quanto il compito che uno si prefigge possa essere  serio. E vi è qualcosa di ugualmente bizzarro nello scriverne perché se è mai esistito un processo totalmente muto, questo è il processo creativo. Bizzarro, serio e muto». Anche Einstein dice più o meno la stessa cosa: «Le parole, e in generale il linguaggio come viene scritto e parlato, non hanno alcun ruolo nel mio processo di pensiero».
Queste riflessioni mettono benissimo a fuoco l’argomento di questo capitolo: creatività e linguaggio. Due nemici assoluti.     Forse è per questo che molte persone sono lontane dalla creatività.
Il modo di pensare occidentale è un modo di pensare linguistico: quando pensiamo, noi parliamo, facciamo un colloquio interiore fra noi e noi stessi e, mentre guardiamo le cose, le pensiamo e ne
parliamo.
Cosa vedi in questa immagine?
sicuramente hai pensato ad un quadrato con qualcosa sovrapposto sui quattro angoli


  

La tua osservazione è diventata PENSIERO ha costruito due piani, uno sotto ed uno sopra, nel primo c'è un quadrato e nel secondo, sovrapposto al quadrato, una serie di linee. GIUSTO? E' accaduto proprio questo vero?
In realtà c'è un esagono con diverse righe aggiunte. COSI' E' PIU' CHIARO?





Ogni colta che osserviamo qualcosa la nostra mente cerca in quella cosa ciò che sa già, e se trova un elemento che lo conferma, non va più avanti, si ferma a ciò che crede di sapere.

QUANTO AVRESTI SCOMMESSO SUL QUADRATO ESISTENTE?


E' Più facile e meno impegnativo riconoscere ciò che è facile anzichè osservare con attenzione.


QUESTO E' IL PROCESSO DI SEMPLIFICAZIONE CHE IMPEDISCE A MOLTI DI ESSERE CREATIVI

Cioè se noi osserviamo del pane su un tavolo, diciamo semplicemente dentro di noi «pane» e il pane ha tutte una serie di caratteristiche che non stiamo lì ad analizzare, a studiare, a percepire e a capire. Quando dobbiamo risolvere un problema, noi occidentali ci affidiamo al linguaggio: «Devo inventare una lampada, come posso fare una lampada?» 
Proponendo queste domande in un colloquio interiore, la mente si concentra su ciò che è lampada, ovvero su ciò che io sto cercando di trasformare, di inventare. Ora, l’invenzione è qualcosa che non
“è” ancora. Ciò che sarà inventato domani non esiste oggi, per cui non esiste nemmeno la parola che lo definisce. Heidegger diceva che nessuna cosa esiste dove manca la sua parola.
Allora come posso io trovare qualcosa che non ha ancora un nome  cercandola nei nomi? Questo aspetto è il più delicato perché, come amano dire tutti i grandi artisti e gli uomini di scienza, il
processo creativo è un processo che non conosce il linguaggio. È un processo che si rivela per sinestesie, per immagini complesse, nutrendosi di emozioni insolite.
Questa modalità è connaturata all’emisfero destro del nostro  cervello, che è l’emisfero intuitivo, quello che non usa il linguaggio e che produce delle relazioni che altrimenti noi non faremmo mai. 


Allora il primo punto, il primo elemento, la prima condizione che permette a un processo creativo di compiersi sta nell’apprendere l’arte del pensiero laterale. Bisogna imparare a pensare per sensazioni.


Abbiamo visto più volte in queste pagine come sia fondamentale per qualsiasi processo creativo saper vedere, essere in grado cioè di visualizzare e mettere a fuoco immagini interiori, concetti, sensazioni, per poterli poi rappresentare. L’attitudine creativa di scienziati, musicisti, designer, artisti è sempre accompagnata da un’eguale attitudine rappresentativa.


Ma questa capacità è per molti un insormontabile ostacolo, al quale spesso si supplisce con un uso esagerato della tecnologia. 
Ma questa non è una buona strada. La capacità di saper vedere non riguarda infatti tanto il mondo lì fuori, le cose della realtà esterne a noi, ma la realtà interna al nostro pensiero, la visione interiore, quello che c’è dentro di noi e il modo in cui rappresentiamo dentro di noi quello che è lì fuori.


Questo tipo di visione determina la nostra memoria, la nostra storia emotiva, l’idea che abbiamo del mondo, del tempo e dello spazio, delle cose possibili e di quelle che non lo sono. Di quanto crediamo al vero o al falso di ciò che è degno di attenzione o non lo è.


L’idea che abbiamo di Dio, per esempio, è determinata dall’immagine che ne abbiamo costruito dentro di noi. Dal Cinquecento in poi, in Occidente, Dio è immaginato con la barba, in alto nel cielo, con un aspetto vegliardo e questo costituisce il tipo di rapporto che ognuno di noi ha con la divinità. Questa immagine deriva dalla pittura di Michelangelo, più precisamente dall’affresco " Il giudizio universale" che si trova nella Cappella Sistina. Rappresentando così Dio dentro di noi, il nostro rapporto che abbiamo con lui è filiale, è un rapporto tra padre e figlio e questo determina comportamenti e convinzioni precise. 


Quello che voglio dire è che immaginare una cosa in un modo piuttosto che in un altro ha conseguenze diverse. Per questo ogni buon coach cerca di aiutare a correggere l’immagine che abbiamo di noi stessi. 

Così come è diverso l’effetto sui nostri sentimenti di qualcosa immaginato vicino o lontano, grande o piccolo, contestualizzato o etereo, allo stesso modo l’immagine che abbiamo dentro di noi determina il nostro rapporto con il mondo.
Ecco perché vedere è una cosa alla quale dobbiamo essere educati.


Il Libro

  


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